Il protagonista, Atticus O’Sullivan, è un druido millenario che gestisce una libreria dell’occulto a Tempe, in Arizona. La sua tranquilla vita viene sconvolta quando ruba la spada Fragarach a un dio celtico e si ritrova braccato da divinità, licantropi, vampiri e altre creature sovrannaturali.
Ho deciso di leggere questo libro subito dopo il secondo volume del ciclo Dresden Files per la sua copertina. Nella versione inglese, viene presentata come un mix tra questa serie, di cui ho già recensito i primi due volumi, e uno dei capolavori di Neil Gaiman, American Gods.
Che dire, mi è piaciuta molto l’idea di utilizzare il pantheon delle divinità irlandesi e creare un mix non molto dissimile dall’idea di divinità presentata da Neil Gaiman nel suo libro; infatti, l’autore, per bocca del protagonista, fa spiegare la presenza delle divinità più o meno allo stesso modo: sono presenti per chi crede in loro. Ora sto chiaramente sintetizzando; c’è molto altro ed è apprezzabile. Anche il sistema magico, seppur accennato, non è male.
Anche se credo che la trama in sé, limitandomi a giudicare questo volume (che è) l’unico che ho letto, non l’ho trovata all’altezza dei precedenti, l’autore si perde spesso in spiegoni molto lunghi che rendono prolissa e in alcuni frangenti monotona la lettura. Tuttavia, nel complesso, devo dire che mi è piaciuto.
Di originale, come accennato in precedenza, vi è il richiamo ai Túatha Dé Danann, e con essi, una serie di elementi fantasy, come una spada magica e il rapporto tra il druido e diverse creature immaginarie. Comprimari ben caratterizzati sono certamente la Morrigan, una delle divinità che incontriamo durante la lettura e Hal, un avvocato particolare che aiuta il protagonista nelle situazioni piu complesse; le disavventure di Atticus assomigliano vagamente a quelle di Dresden.
Quello che ho trovato più gradevole sono stati i dialoghi, in alcuni frangenti davvero esilaranti, soprattutto quelli tra Atticus ed Oberon, il suo levriero irlandese, e l’apprezzamento dell’autore per le opere di Shakespeare traspare un po’ ovunque, ma non riesce ad evitare all’opera la sua deriva fondamentalmente trash e ironica, anche se nella mia esperienza di lettore non ho potuto fare a meno di pensare che l’intento dell’autore fosse proprio quello.
Nonostante, come ho detto poc’anzi, in alcuni capitoli ho trovato la lettura un po’ pesante, nel suo complesso il libro si fa leggere e devo dire che neanche il finale mi ha deluso. Tuttavia, a fine lettura ho avuto l’impressione che mancasse qualcosa; di solito quando finisco il primo capitolo di un ciclo, mi viene subito la voglia di iniziare il successivo, poiché l’autore lascia degli spunti o degli indizi che riguardano dei collegamenti tra i vari libri come fosse un unica opera divisa in partizioni diverse; in questo caso non ci sono. Attenderò i prossimi volumi per pronunciarmi su questo.
In conclusione è una lettura davvero gradevole: se cercate un libro divertente e spensierato da leggere in alcune ore, è un ottimo intrattenimento; sicuramente non un’opera eccezionale, tuttavia mi sento di consigliarlo, potete trovarlo qui.